Prevenzione e terapia del diabete autoimmune con insorgenza nella età adulta


La prevenzione della progressione verso l’insulino-dipendenza nei pazienti LADA ( diabete autoimmune con insorgenza in età adulta ) ha sollevato notevole interesse.

Se si assume che il processo patogenetico del LADA sia simile a quello del diabete mellito di tipo 1, anche se più lento, sarebbe doveroso tentare di preservare le beta-cellule dalla distruzione completa, sia utilizzando il LADA come modello di prevenzione del diabete di tipo 1 sia attuando misure terapeutiche nei confronti del LADA stesso.
Nel disegnare una strategia preventiva, possono insorgere problemi costituiti dalle differenze esistenti nei vari studi per quanto concerne la definizione di malattia, i criteri di inclusione e l’intervallo di tempo trascorso dalla diagnosi di iperglicemia e le differenze etniche. Quest’ultimo fattore è di particolare rilevanza perché differenti genotipi HLA di queste popolazioni possono influenzare la progressione verso l’insulino-dipendenza.
Soprattutto l’età di diagnosi dell’iperglicemia e il tempo trascorso tra la diagnosi di diabete e quella di LADA influenzano la gestione di questi pazienti.

L’obiettivo prioritario su cui concentrare gli sforzi potrebbe essere costituito dalla protezione del C-peptide come suggerisce uno studio sul diabete mellito di tipo 1 in cui si è trovato che gli individui con riserva pancreatica conservata avevano un livello minore di emoglobina glicata ( HbA1c ) e di complicanze microvascolari ( proteinuria e retinopatia ) rispetto ai pazienti con esaurimento beta-cellulare.

Le tre maggiori classi di farmaci ipoglicemizzanti oggi a disposizione ( insulino-secretagoghi, insulino-sensibilizzanti e Insulina ) presentano tutte, almeno dal punto di vista teorico, potenziali vantaggi e svantaggi.

L’utilizzo degli insulino-secretagoghi, per esempio, aumenta la disponibilità di insulina in circolo ma, nello stesso tempo, potrebbe aumentare anche l’esposizione di particolari autoantigeni che rappresentano il bersaglio dell’attacco autoimmune. Il miglioramento del controllo glicometabolico con questi farmaci, quindi, potrebbe determinare un’accelerazione dell’aggressione autoimmune verso le beta-cellule residue.

Per quanto riguarda il trattamento con insulino-sensibilizzanti, il beneficio ottenuto si limiterebbe al miglioramento dell’insulino-resistenza che, in questi pazienti, non è particolarmente marcata, ma non si attuerebbe alcun intervento sia a livello di secrezione insulinica sia a livello del processo di distruzione autoimmune delle beta-cellule.

Per quanto riguarda l’Insulina, modelli murini hanno mostrato come le beta-cellule residue vengano “messe a riposo” determinando una minore esposizione di autoantigeni e, quindi, una teorica riduzione della distruzione autoimmune beta-cellulare.
Tuttavia l’approccio con Insulina usato nel Diabetes Prevention Trial-Tipe 1 Diabetes ( DPT-1 ) per la prevenzione secondaria del diabete mellito di tipo 1 non ha mostrato efficacia.
Inoltre, alcuni fattori potrebbero limitare l’utilizzo dell’Insulina nella prevenzione: per esempio, la compliance all’utilizzo dell’Insulina è sicuramente inferiore rispetto alle altre due classi di farmaci. Non di meno per esercitare una funzione di protezione nei confronti delle beta-cellule, la somministrazione di Insulina dovrebbe iniziare prima della massiva distruzione beta-cellulare.
A tal proposito il Tokio study sta valutando l’efficacia dell’Insulina somministrata al momento della diagnosi di LADA nella prevenzione dell’insulino-dipendenza.

L’incompleta conoscenza della storia naturale di questa forma di diabete non permette al momento attuale di definire quale possa essere l’atteggiamento terapeutico migliore. Sono quindi necessari ulteriori studi volti a fare luce sui meccanismi patogenetici e a chiarire quale sia la migliore forma di terapia per questi pazienti al fine di preservare il più a lungo possibile la funzionalità delle beta-cellule pancreatiche ed evitare o dilazionare lo sviluppo delle complicanze.
A tal fine la fase II dello studio NIRAD comprende un braccio di intervento della durata di 3 anni con l’obiettivo di valutare quale sia il trattamento farmacologico più efficace, tra quelli oggi comunemente impiegati nella terapia del diabete mellito e presenti in fascia A ( Insulina, farmaci insulino-secretagoghi, farmaci insulino-sensibilizzanti ) al fine di rallentare la progressione di questa forma di diabete. ( Xagena_2007 )

Buzzetti R et al, G It Diabetol Metab 2007;27:23-28

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Endo2007

XagenaFarmaci_2007