Mantenimento del controllo glicemico nel diabete di tipo 2: quale farmaco utilizzare?


Non è nota l’efficacia dei tiazolidinedioni, detti anche glitazoni, rispetto agli altri ipoglicemizzanti orali, nel mantenimento del controllo glicemico nel lungo periodo nei pazienti con diabete di tipo 2.

Ricercatori dello studio ADOPT hanno valutato il Rosiglitazone ( Avandia ), la Metformina ( Glucophage ) e la Gliburide ( Glibenclamide; Euglucon ) come trattamento iniziale nei pazienti con diabete di tipo 2 di nuova diagnosi.

Lo studio clinico ha coinvolto 4360 pazienti che sono stati trattati in media per 4 anni.

L’outcome primario era rappresentato dal tempo al fallimento della monoterapia, definita come un livelo di glicemia a digiuno superiore a 180mg/dl ( 10mmol/l ).
Gli end point secondari erano invece rappresentati da livelli di glicemia a digiuno e di emoglobina glicata, dalla sensibilità all’insulina e dalla funzione delle cellule beta.

L’analisi secondo Kaplan-Meier ha mostrato un’incidenza cumulativa di fallimento della monoterapia a 5 anni del 15% con Rosiglitazone, del 21% con Metformina e del 34% con Gliburide.
Questo ha rappresentato una riduzione del rischio del 32% per il Rosiglitazone rispetto alla Metformina e del 63% rispetto alla Gliburide ( p < 0.001 per entrambe le combinazioni ).

La Gliburide è risultata associata ad un più basso rischio di eventi cardiovascolari rispetto al Rosiglitazone ( p < 0.05 ), mentre il rischio associato alla Metformina era simile a quello del Rosiglitazone.

Il Rosiglitazone è risultato associato a un maggior guadagno di peso e a edema rispetto sia alla Metformina che alla Gliburide, ma con meno eventi gastrointestinali rispetto alla Metformina e con minore ipoglicemia rispetto alla Gliburide ( p < 0.001 per tutti i confronti ).

Secondo gli Autori la scelta del farmaco da utilizzare nel diabete di tipo 2 deve essere individualizzata e deve tener conto dei potenziali rischi e benefici, del profilo di eventi avversi e del costo dei 3 farmaci. ( Xagena_2006 )

Kahn SE et al, N Engl J Med 2006; 355: 2427-2443




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